Sfamare il mondo senza distruggere la Terra, la sfida dei prossimi anni

Ho letto un articolo molto interessante pubblicato dal National Geographic Italia, che parla del futuro dell’alimentazione del pianeta, analizzando le conclusioni a cui è arrivato lo studio Creating a sustainable food future: final report del World Resources Institute (Wri). Lo prendo come spunto per parlare di questo tema molto importante, al quale abbiamo già dedicato spazio in passato su questo blog.
La valutazione da cui si parte è che nel 2050 viene stimato che la Terra avrà raggiunto una popolazione di circa 10 miliardi. Poiché l’obiettivo per il quale dobbiamo impegnarci è fare in modo che sempre meno persone soffrano la fame e, anzi, possano avere una dieta sana, la domanda che ne consegue è: come sarà possibile sfamare in maniera adeguata 10 miliardi di persone, se già oggi il nostro sistema produttivo è in sofferenza?
Trovare una risposta non sarà certo facile, vediamo perché: oggi l’agricoltura utilizza circa la metà della terra coltivabile nel mondo, consuma il 90 per cento di tutta l’acqua utilizzata dall’uomo e genera un quarto delle emissioni globali annue che causano il riscaldamento climatico. Nonostante ciò, 820 milioni dei 7 miliardi di abitanti attualmente sulla Terra sono malnutriti perché non hanno accesso – o non possono permettersi – una dieta accettabile. Eppure, dobbiamo arrivare a produrre di più, utilizzando però le stesse superfici, preservando l’ambiente, combattendo la povertà e curando tanti altri aspetti. Tutto insieme, e senza possibilità di evitarlo, perché il nostro Pianeta è in grande sofferenza.
Come detto, non ci saranno soluzioni semplici, ma per provare a immaginarne qualcuna, la ricerca del Wri illustra nel dettaglio ben 22 idee che devono essere implementate in una certa misura a seconda del paese e della regione. Ad esempio: ridurre drasticamente lo spreco di cibo, che oggi si stima essere di un terzo, attraverso molti miglioramenti che possono essere fatti su tutta la filiera (tema che, come sapete, mi sta molto a cuore e di cui spesso abbiamo parlato); convertire la dieta dei grandi mangiatori di carne verso cibi di origine vegetale, poiché la carne, in particolare quella bovina, ovina e caprina, drena molte risorse e quindi per consentire a più persone di avere l’accesso al consumo di carne, altri dovranno consumarne di meno; impedire che altri terreni vengano convertiti a uso agricolo attraverso un grande miglioramento nella qualità dei mangimi e nella gestione dei pascoli; migliorare sia gli allevamenti ittici selvatici che l’acquacoltura, aumentando allo stesso tempo le certificazioni e i controlli contro la pesca illegale e non rendicontata, salvando in questo modo tra gli 11 e i 26 milioni di tonnellate di pesce.
Saranno sufficienti questi interventi e gli altri descritti nel report? Probabilmente, soltanto se insieme a queste soluzioni verrà portato avanti con un approccio cosiddetto “agroecologico”, come ad esempio sta già facendo la FAO.
L’agroecologia, infatti, imita la natura, sostituendo gli input esterni come i fertilizzanti chimici con una serie di concetti come la consociazione di piante, alberi e animali, che possono migliorare la produttività di un terreno. Inoltre, abbraccia tutti i sistemi agricoli e alimentari, dalla produzione al consumo e viene vista sempre di più come la strada per arrivare a sistemi sostenibili.
Insomma, il 2050 sembra molto lontano, ma la strada per arrivarci preparati è già iniziata e non possiamo permetterci di sbagliarla.