Un po’ di ragionamenti su olio e dintorni

Published by Fabio Massimo Pallottini on

Un dato piuttosto preoccupante arriva dall’Ismea, l’Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare, che segue l’andamento delle produzioni e dei mercati agricoli.

Secondo una loro stima, elaborata in base ai dati delle dichiarazioni di consegna delle olive, la produzione di olio d’oliva in Italia non è mai così bassa da decenni.

Stando ai numeri, infatti, nel 2018 la produzione è arrivata a 175mila tonnellate, -59% su base annua. Se, quindi, la situazione è stata giudicata migliore nel Centro-Nord, a soffrire di più pare siano state le Regioni del Sud, “a partire dalla Puglia per la quale si stima una riduzione del 65%”.
Ma forti diminuzioni della produzione sono state registrate anche in Calabria, Sicilia e in quasi tutte le altre Regioni centro-meridionali. In aumento, invece, la produzione in Toscana, Umbria e Liguria.

Comunque, il problema non riguarda solo il nostro Paese: se l’Italia dell’olio, infatti, soffre di un tracollo della produzione, l’olivicoltura mondiale non sta certo meglio. Stando alle stime del Consiglio oleicolo internazionale (Coi) la produzione sarebbe sotto la soglia dei tre milioni di tonnellate, in flessione del 7% sull’anno precedente.

A sostenere i raccolti sarebbe stata la produzione spagnola: quasi 1,8 milioni di tonnellate, con un incremento del 42,5% sul 2017. A registrare flessioni sarebbero invece gli altri Paesi produttori: Grecia (185mila tonnellate -47% rispetto al 2017), Tunisia (120mila tonnellate), Turchia (165mila, -37%).

Si tratta di un allarme che deve farci preoccupare e che può sviluppare due tipi di riflessioni.

La prima, di carattere generale, riguardo all’impatto che i nostri stili di vita stanno avendo sul clima e quindi sul mondo, perché innegabilmente gran parte di questo problema si può dire causato dalle condizioni meteorologiche sempre più instabili. È il caso di fermarci, ancora una volta, a riflettere sulla strada che stiamo percorrendo e sulle conseguenze che il mondo sta subendo a causa dei nostri stili di vita.

La seconda riflessione, invece, deve riguardare le nostre abitudini come consumatori, perché se pensiamo di acquistare un olio extravergine d’oliva che costi 2 o 3 euro, è sicuramente meglio evitare. Fino ad oggi era possibile che l’olio che compravamo fosse stato acquistato in giro per il mondo, un po’ in Sicilia, un po’ in Tunisia, un po’ in Marocco, e via dicendo. Oggi questo non dovrebbe essere più possibile con il sistema delle etichette e l’indicazione della provenienza, ma bisogna comunque tenere gli occhi aperti e stare attenti alle frodi. Quando andiamo a fare la spesa, comunque, è sempre meglio preferire una filiera dove possibile corta, tenendo d’occhio, come dicevamo, anche il prezzo, perché quando è troppo basso non corrisponde a convenienza, ma a una scarsa qualità.

Quello dell’olio, insomma, è un settore che fatica a crescere, come si può dire per quello del vino. È necessario moltiplicare le occasioni di consumo e lavorare sul concetto di aggregazione, come accade, tanto per fare un esempio, con l’organizzazione dei produttori olivicoli laziali dell’OP Latium, che operano per il miglioramento qualitativo dell’olio extravergine di oliva e delle olive da tavola e per la loro valorizzazione sui mercati attraverso sistemi di tracciabilità e di certificazione del prodotto, portando avanti l’esperienza diretta dell’antica tradizione dell’Olio di Roma. Una realtà molto bella, che abbiamo già ospitato al CAR e della quale, magari, vi parlerò più nello specifico prossimamente.


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