Negli USA potrebbe entrare in commercio la “carne sintetica”, creata in laboratorio

Published by Fabio Massimo Pallottini on

È notizia di questi giorni che gli Stati Uniti hanno dato il via alla commercializzazione, che dovrebbe prendere il via nel 2020, della cosiddetta “carne sintetica”, cioè quella coltivata in laboratorio a partire da colture cellulari.

Certo, con questo nome non sembra nulla di attraente, e a dire la verità prima di poterla vedere sulle tavole di chicchessia vanno ancora perfezionati alcuni passaggi industriali che permettano di abbassarne il prezzo, ma ad ogni modo le autorità regolatorie statunitensi hanno stabilito l’iter dei controlli per la produzione.

Infatti, il dipartimento per l’agricoltura statunitense (Usda) e l’Fda hanno annunciato che si occuperanno congiuntamente degli aspetti regolatori e di sicurezza di questi prodotti e dopo diversi mesi di dibattito le due agenzie statunitensi si sono accordate su come seguire la produzione nelle varie fasi.

Ma cos’è questa “carne sintetica”? Per risalire alle prime tracce bisogna tornare al 2013 quando il ricercatore olandese Mark Post servì ad alcuni giornalisti il primo esperimento di hamburger ricavato in laboratorio, frutto di due anni di lavoro e 325mila dollari di costo. Da allora diverse aziende si sono lanciate nell’impresa, dalle statunitensi Memphis Meat e Finless Food all’israeliana Aleph farm all’olandese Mosa Meat, fondata dallo stesso Post. Per tutte la “ricetta” consiste nell’ottenere grandi quantità di cellule muscolari animali, possibilmente con una percentuale di cellule grasse per dare un sapore più simile a quello della carne “vera”.

Come dicevamo, però, sono ancora molti gli ostacoli che questa “nuova carne” deve affrontare prima di dirsi pronta a debuttare sul mercato. I primi sono di natura tecnica: innanzitutto, il nome. “Carne sintetica” o “carne artificiale” potrebbero allontanare i clienti, e i produttori preferiscono “carne pulita”, “carne coltivata” o “carne da cellule”. La questione però non è semplice da risolvere. Negli USA, infatti, gli allevatori sono già sul piede di guerra, e vorrebbero che si evitasse l’uso della parola “carne” per qualsiasi prodotto che non sia ottenuto macellando degli animali. Poi c’è il problema al quale abbiamo già accennato, cioè quello al produrre la nuova carne su larga scala a prezzi competitivi, ma le compagnie sono fiduciose sotto questo aspetto. La Future Meat Technology, ad esempio, una start up israeliana, ha annunciato di essere arrivata a circa 700 dollari al chilo, ma si dice certa di poter abbassare sensibilmente la cifra già entro il 2020.

L’altro tipo di problema che questa carne si troverà ad affrontare, invece, è più di natura potremmo dire filosofica. Vogliamo davvero mangiare della “carne sintetica”? Secondo la Coldiretti, tre italiani su quattro guardano già negativamente a questa innovazione, preoccupati sia dal punto di vista salutistico, sia da quello etico.

Effettivamente, credo che sia difficile dare loro torto. Per quanto si possa essere preoccupati per il nostro ambiente e per l’impatto che hanno gli allevamenti (che non sono comunque il problema principale), la soluzione non sembra proprio essere questa carne creata in laboratorio. Vedremo, però, di capirne di più con gli sviluppi futuri, soprattutto cercando di capire se mai riuscirà ad arrivare sul mercato.

Categories: AgriCultura

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