IL PRANZO DELLA DOMENICA: In vista del 1° maggio, alla scoperta di fave e pecorino

Published by Fabio Massimo Pallottini on

Si avvicina la festa dei Lavoratori, e ogni 1° maggio che si rispetti a Roma, e nel Lazio più in generale, non può non far pensare alle scampagnate e ai pic-nic con fave e pecorino.

L’utilizzo proprio di questo legume, in occasione di una festa che capita nel pieno della primavera, deriva probabilmente da tempi molto lontani, poiché i romani lo utilizzavano per celebrare la De Flora, protettrice della natura in germoglio. A contribuire poi al mantenimento di questa tradizione, ha avuto sicuramente un ruolo importante anche la grande resa nelle campagne laziali della coltivazione delle fave, la migliore in tutta Italia, e quindi la vasta disponibilità nel corso dei secoli per tutte le persone, anche le più povere. C’è quindi da sottolineare come, più in generale, le fave siano un alimento consigliato anche dai nutrizionisti, poiché hanno un apporto proteico al pari di una bistecca e sono ricche di fibre vegetali, proteine, e sali minerali, e allo stesso tempo povere di grassi, il che le rende una fonte naturale di molti degli elementi nutritivi necessari per la nostra alimentazione, come vitamine e minerali. Il consumo di fave, inoltre, comporta anche altri vantaggi: aiuta ad abbassare il colesterolo, a prevenire il diabete grazie alle fibre vegetali che equilibrano gli zuccheri nel sangue, e a prevenire l’artrite e l’osteoporosi grazie alla presenza di un minerale chiamato manganese. Infine, sottolineerei come le fave sono l’unico legume che può essere consumato crudo, nonché essiccate e consumate da sole, magari per un piacevole aperitivo di frutta e verdura fresca.

Di contro, però, esiste una malattia direttamente collegata a questo legume, e cioè il favismo. Si tratta di un difetto congenito di un enzima normalmente presente nei globuli rossi, la glucosio-6-fosfato-deidrogenasi, che provoca un’improvvisa distruzione dei globuli rossi e quindi la comparsa di anemia emolitica con ittero. Poiché le fave sono degli inibitori naturali dell’attività della glucosio-6-fosfato-deidrogenasi eritrocitaria, la loro ingestione impoverisce ulteriormente i globuli rossi che sono già carenti dell’enzima. La malattia si manifesta in modo improvviso, 12-48 ore dopo l’assunzione di fave fresche e, nei casi gravi, circa la metà dei globuli rossi viene distrutta, portando così a conseguenze che possono essere anche molto gravi.

Tornando alla tradizione del 1° maggio, come dicevamo inizialmente, le fave sono sempre accompagnate da un altro protagonista della cucina romana e laziale: il pecorino romano, uno dei primi prodotti della Regione ad aver meritato il marchio DOP. Si tratta di uno dei formaggi con le origini più antiche, che risalgono a più di 2000 anni fa. Sappiamo, infatti, che nell’Antica Roma se ne faceva largo uso, sia nelle tavole e nei banchetti delle famiglie più ricche, sia durante i lunghi spostamenti delle legioni, che ne facevano largo uso grazie alla sua capacità di lunga conservazione (venne addirittura stabilita per legge la razione giornaliera spettante a ogni legionario: 27 grammi). Caratteristicamente, come viene riportato proprio dal Consorzio per la tutela del formaggio pecorino romano, questo presenta una pasta dura e cotta, viene prodotto con latte fresco di pecora, intero, proveniente esclusivamente dagli allevamenti della zona di produzione, e coagulato con caglio di agnello in pasta proveniente esclusivamente da animali allevati nella medesima zona di produzione. Nel corso del tempo, il pecorino romano ha travalicato i confini locali e ha acquisito estimatori in tutto il mondo, in modo particolare nel Nord America, dove ne viene esportata gran parte della produzione.

Se volete rispettare la tradizione romana, quindi, il 1° maggio non possono mancare sulla vostra tavole questi due prodotti, celebrati anche da diverse sagre in tutta la Regione, in particolare quella di Nerola. Il consiglio, poi, è sempre lo stesso: per gustarli pienamente, scegliete prodotti freschi e di qualità.


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