IL PRANZO DELLA DOMENICA: Alla riscoperta dei grani antichi
La ritrovata passione per la cucina sana e di qualità ha portato negli ultimi tempi alla riscoperta dei cosiddetti “grani antichi”, sui quali oggi mi vorrei soffermare.
Innanzitutto, per grani antichi si intendono quelle varietà che venivano utilizzate fino alla metà del secolo scorso, cioè fino a che non hanno preso il sopravvento i grani più adatti al processo industriale e quindi a coltivazioni intensive e a lavorazioni veloci e ad alte temperature. Il nome che forse oggi è maggiormente associato ai grani antichi, fra chi non si interessa della materia, è probabilmente il Kamut, anche se questo indica il marchio registrato da una società americana che lavora un grano appartenente alla sottospecie botanica Triticum turgidum ssp. Turanicum, chiamato grano Khorasan, dal nome dell’omonima regione iraniana. Molti sono però i grani antichi che vengono prodotti in Italia, come ad esempio il Senatore Cappelli, una varietà che fu ottenuta dal genetista Nazareno Strampelli agli inizi del XX e che fu dedicata al marchese abruzzese Raffaele Cappelli, senatore del Regno d’Italia. Ci sono poi la Saragolla, un cereale ricco di proteine vegetali, la Tumminia, la Verna, il Rieti, il Solina, il Russello, e così via. Il motivo per cui ultimamente sono tornati così “di moda” è il fatto che vengano a questi attribuite moltissime qualità e proprietà, che molto spesso sono vere ma alle quali bisogna comunque prestare attenzione, perché alcune potrebbero derivare da credenze popolari o, peggio, da strategie di marketing.
Iniziamo da ciò che positivo lo è davvero. I grani antichi non hanno subito rimaneggiamenti da parte dell’uomo, non vengono coltivati con fertilizzanti chimici e sono meno raffinati, il che li rende più salutari, più nutrienti e molto spesso più digeribili. Inoltre, mantengono intatte alcune caratteristiche di sapore che per forza di cose vengono perse nella lavorazione dei grani moderni, e hanno, infine, una valenza storica e culturale che è importante preservare e portare avanti.
Attenzione, però, alle inesattezze che vengono spesso dette a riguardo. Ad esempio, non è vero che questi grani possono essere liberamente consumati da chi è celiaco, perché sebbene presentino veramente una ridotta quantità di glutine (il Senatore Cappelli ha un indice di glutine di 15, il Creso che lo ha sostituito ed oggi uno dei grani più diffusi di 58) e sebbene alcuni studi ne indichino anche una struttura diversa, il glutine è comunque presente, e per questo chi soffre di celiachia troverà comunque dei problemi consumando grani antichi.
Insomma, quella del grano antico è sicuramente una tradizione da proteggere, che favorisce i piccoli produttori e anche la biodiversità del territorio. Bisogna però non cadere nelle trappole del sentito dire, perché l’alimentazione più corretta è sempre quella informata e consapevole.