IL PRANZO DELLA DOMENICA: A Roma il carciofo alla giudia piace oltre le polemiche
Appena domenica scorsa, parlando delle tradizioni romane per il pranzo di Pasqua, abbiamo parlato del carciofo alla giudia, e proprio questa settimana è sorta una polemica relativa a questo prodotto, arrivata direttamente da Israele.
Secondo quanto riportato, tra gli altri, da Il Messaggero lo scorso venerdì, infatti, proprio nei giorni della Pesach, la Pasqua ebraica che dura 8 giorni (7 nella sola Israele), il rabbino Yitzhak Arazi (capo della divisione importazione delle regole alimentari religiose ebraiche imposte dal Rabbinato centrale) ha scritto sul quotidiano israeliano Haaretz che il carciofo alla giudia contravviene alla kasherut, la normativa ebraica sul cibo, perché “è pieno di vermi e non c’è modo di pulirlo. Non può essere kosher. Non è la nostra politica, questa è la legge religiosa ebraica”. Di conseguenza, molti ristoranti israeliani che hanno questo piatto nel proprio menù lo hanno prontamente tolto e alcune richieste in questo senso da parte di membri della comunità ebraica sono arrivate anche in Italia.
Non voglio con questo articolo entrare nel merito, perché non è questo il contesto per parlare di religione, ma soltanto dei piatti così come ce li tramanda la tradizione. Riporto però, quello che è stato detto da alcune fonti della comunità ebraica romana all’ANSA, e cioè che nella Capitale questa polemica “non esiste”, e che questa liceità “nasce da due peculiarità: il prodotto e la maniera di pulirlo. Gli ebrei romani hanno entrambe le cose”. Cosa significa questo? Significa che a Roma, per preparare il carciofo alla giudia, si utilizza una particolare varietà chiamata la mammola (o cimarolo), che cresce solo nelle campagne intorno alla Capitale e che ha come caratteristica una corolla abbastanza stretta da impedire ai vermi di entrare. Per quanto riguarda invece il modo di pulirlo, anche in questo caso la tradizione aiuta, perché vengono prima tolte le foglie esterne, che rimangono dure anche dopo la cottura, poi il carciofo si mette a bagno in acqua e limone e dopo lo si immerge nell’olio caldo per la frittura.
A quanto sembra quindi, i romani che sono di religione ebraica e amano la cucina tradizionale non dovranno rinunciare alla bontà del carciofo alla giudia. Anzi, questa potrebbe essere l’occasione per tutti per riscoprire questa particolare ricetta e, più in generale, riprendere o aumentare il consumo di carciofi.