IL PRANZO DELLA DOMENICA: I mercati rionali sono una grande risorsa, guardare al modello londinese
Lo scorso novembre, la città di Londra ha realizzato un’indagine sui propri mercati rionali, dal titolo “Understanding London’s Markets“. Nell’introduzione, il sindaco Sadiq Khan ha sottolineato l’importanza di questi per la capitale inglese, definendoli come una risorsa in grado di rendere la città “migliore, più ricca, e più socievole”, di attirare un maggior numero di turisti e di “riflettere l’urgenza di nuove comunità e idee”, dando l’opportunità giusta alle persone di “ritrovarsi insieme, su base giornaliera o settimanale”.
Il Sindaco londinese ha anche evidenziato come sia un momento “eccitante per i mercati”, che possono offrire nuove “opportunità di lavoro”, ma che sono anche degli “incubatori di imprese originali” poiché offrono a ognuno l’opportunità “unica e a basso rischio di testare le proprie idee di business e imparare nuove capacità”. Insomma, ha concluso, I mercati “sono una parte essenziale dell’esperienza quotidiana che i londinesi hanno della propria città”.
Oggi a Londra i mercati sono circa 280, in crescita rispetto ai 163 che erano stai mappati nel 2010.
Ma anche da noi i mercati rionali sono visti e vissuti allo stesso modo? Purtroppo, la risposta che dobbiamo dare oggi è negativa.
Intanto, possiamo dire che l’ultima indagine su questo tema realizzata dall’Agenzia per il controllo e la qualità dei servizi pubblici locali del Comune di Roma risale al 2012, e ci dà il quadro di un sistema formato da 129 mercati rionali, quasi tutti posizionati all’interno del Grande Raccordo Anulare, se si escludono quelli di Casalotti, Statutario (Tor Vergata), Spinaceto, Tor de’ Cenci, Casal Bernocchi, Casal Palocco e i tre di Ostia. L’indicatore di offerta risulta, quindi, di 2,0 banchi ogni 1.000 abitanti, un valore di offerta medio-basso rispetto a Torino, Milano e Bologna, ma quasi il doppio di quello di Firenze e Trieste. L’indicatore di prossimità, invece, è pari a 1,0 mercati ogni 10 kmq di territorio comunale, simile a quello di Bologna e Trieste, ma circa la metà di Firenze e un quinto di Torino e Milano. I banchi alimentari sono sempre la maggioranza nei mercati rionali (mediamente il 73% dell’offerta), e i banchi dei produttori rappresentano mediamente l’11% dell’offerta dei banchi alimentari (con il Regolamento che ne prevede al massimo il 15%).
Analizzando invece i dati che riguardano la clientela dei mercati, possiamo notare come ben il 51% della clientela abbia dai 61 anni in su, mentre soltanto il 4% è nella fascia d’età 15-30 e il 18% in quella 30-45. C’è una grande prevalenza di donne rispetto agli uomini (71% contro 29%) e anche di pensionati (42%) rispetto a qualsiasi altro tipo di impiego o impegno. Questi dati, in particolare, ci parlano di una realtà che fa fatica a radicarsi nelle nuove generazioni e nei nuovi nuclei famigliari, ma che è rimasta più che altro legata alle abitudini di chi, un tempo, non aveva altre alternative.
Eppure, a voler indagare più a fondo, dei segnali positivi ci sono: la quasi totalità della clientela (92%) dice di preferire, tra tutti gli articoli presenti nei mercati, quelli ortofrutticoli, il 62% dichiara che la motivazione principale che spinge ad acquistare determinate tipologie di prodotti è la qualità, e soltanto il 10% ha dato un giudizio complessivo scarso o non sufficiente all’esperienza di acquisto nel mercato.
Come si può allora, ripartire da questi aspetti positivi per rilanciare l’esperienza di acquisto nei mercati? I dati che abbiamo visto, come detto, risalgono a un’indagine del 2012, e già questo ci fa capire come il tema non sia molto sensibile e prioritario. In questi anni molto è stato detto, ma poco è stato fatto. E, di conseguenza, la situazione è diventata ancora più nera, con alcuni mercati che oggi contano appena più del 20% dei banchi occupati e il resto vuoti a causa dell’aumento dei canoni, e con 160.000 circa fruitori quotidiani che si sono allontanati, richiamati dalle sirene della grande distribuzione.
Non possiamo, però, permetterlo. C’è bisogno di un cambio di passo, di un impegno serio da parte di tutti affinché non vada sprecato il valore sociale, economico e qualitativo che i mercati possono rappresentare e che, come abbiamo visto nel caso di Londra, già rappresentano in altri Paesi.