Cinque anni di Papa Francesco, il Pontefice “green”
Ricorrono oggi cinque anni dall’elezione di Papa Francesco, un Pontefice “venuto dalla fine del mondo”, che fin dal primo giorno ha stupito e conquistato tutti con la sua semplicità e la sua concretezza.
Oltre a fargli tanti auguri desidero qui riprendere, tra le tante righe scritte nell’occasione, alcuni passaggi dell’enciclica Laudato Si’, perché da uomo poco avvezzo a questo tipo di letture mi sono stupito di trovarmi davanti ad un saggio di quelli che davvero hanno molto da insegnare.
Si legge di ambiente, di ecologia, di alimentazione e di inquinamento “che colpisce tutti, causato dal trasporto, dai fumi dell’industria, dalle discariche di sostanze che contribuiscono all’acidificazione del suolo e dell’acqua, da fertilizzanti, insetticidi, fungicidi, diserbanti e pesticidi tossici in generale”, della “cultura dello scarto”, della “primaria importanza” dell’”acqua potabile e pulita” come “diritto umano essenziale, fondamentale e universale”.
Lo sguardo di Papa Francesco arriva fino ai sistemi di coltivazione, “una grande varietà di sistemi alimentari agricoli e di piccola scala che continua a nutrire la maggior parte della popolazione mondiale, utilizzando una porzione ridotta del territorio e dell’acqua e producendo meno rifiuti, sia in piccoli appezzamenti agricoli e orti, sia nella caccia e nella raccolta di prodotti boschivi, sia nella pesca artigianale”, preoccupandosi poi del fatto che in alcune nazioni, chi utilizza ancora questi metodi viene fatto “oggetto di pressioni affinché abbandonino le loro terre e le lascino libere per progetti estrattivi, agricoli o di allevamento che non prestano attenzione al degrado della natura e della cultura”. Senza dimenticare, il tema dello sviluppo di “organismi geneticamente modificati (OGM), vegetali o animali, per fini medici o in agricoltura” sui quali, secondo il Pontefice, “è difficile emettere un giudizio generale […] dal momento che possono essere molto diversi tra loro e richiedere distinte considerazioni. D’altra parte, i rischi non vanno sempre attribuiti alla tecnica stessa, ma alla sua inadeguata o eccessiva applicazione”. Infine, un monito anche sull’eccessivo sfruttamento del mondo marino, colpito “dal prelievo incontrollato delle risorse ittiche, che provoca diminuzioni drastiche di alcune specie”.
Lo ritengo un testo di fondamentale importanza per chiunque operi nel settore dell’agricoltura e dell’alimentazione. Al di là del propria appartenenza religiosa, si tratta di spendere tempo ed energie per ritrovare un giusto equilibrio tra il mito della tecnica, che a partire dalle grandi scoperte industriali della scienza moderna ha attribuito all’uomo, all’Homo Faber, la convinzione di poter dominare il mondo asservendolo ai suoi fini ed un approccio panteista che mitizza e licenzia un ecologismo integralista che rischia di esporci alla grave conseguenza di un mercato sregolato e privo di giustizia.