Bollicine, un prodotto d’eccellenza dell’enologia italiana da non sottovalutare
Oggi parliamo di vini, prendendo spunto da un paio di notizie degli ultimi giorni che mi hanno particolarmente colpito.
La prima è che il distretto del prosecco di Conegliano, ovvero l’area di Conegliano-Valdobbiadene che conta di più di 150 cantine riunite nel Consorzio per la Tutela del Prosecco Conegliano-Valdobbiadene, è diventato il primo distretto italiano per crescita economica. Questo a sottolineare come l’economia derivante da prodotti della terra diventa un asset sempre più importante che arricchisce il territorio e ne fa la sua fortuna determinandone la ricchezza.
La seconda notizia che ha attirato la mia attenzione, dato che ci avviciniamo anche al Vinitaly una delle più grandi manifestazioni dedicate al mondo del vino dal 9 al 12 aprile a Verona, è stata un’indagine che ha evidenziato come le bollicine siano la categoria di vino che cresce di più e con più balzi in avanti nel settore enologico.
I vini spumanti infatti sono aumentati nei consumi del 2016 del 7% in Italia, superati solo dai vini biologici di cui magari parleremo più avanti. Da questo deriva un’apertura alla spumantizzazione anche da parte dei cosiddetti “vini fermi”. È quindi innegabile che intorno al vino e al settore enologico si muove un sistema produttivo e una filiera importante dal punto di vista economico, non a caso il settore vinicolo, tra i vari settori agroalimentari, è quello che conosce la più alta esportazione di prodotti all’estero.
Nel 2016 la voce “vini e mosti” ha esportato oltre 6 miliardi di euro di prodotto, di cui buona parte bollicine in forte crescita come già affermato in precedenza. Tutto questo fa bene, sia al settore che all’economia del nostro Paese, ma attenzione a non trasformare e banalizzare i prodotti d’eccellenza dell’enologia italiana in bevande gassate da tavola di poco pregio.
Manteniamo sempre vivo questo rapporto con il territorio, con la storia e la cultura locale.
Spumantizzare quindi, ma senza esagerare.