Pizza all’ananas vietata per legge? Si scherza ma non troppo
La battuta del presidente islandese Johannesson, costretto a scusarsi, ha dato il via alla polemica culinaria che ha diviso il web tra puristi e innovatori, ingredienti tradizionali e ricette globalizzate.
La polemica non è nuova: ad ogni ingrediente aggiunto alla ben nota mozzarella, pomodoro e basilico saltano fuori commenti divergenti tra chi lo considera un segno di inevitabile progresso e chi vorrebbe inserirla nel patrimonio culturale italiano pur di proteggerla. Come il comitato mondiale dell’Unesco che per tutelare la pizza esaminerà la candidatura per l’iscrizione dell’Arte dei Pizzaioli napoletani nella Lista Rappresentativa del Patrimonio Culturale dell’Umanità tra il 4 e l’8 dicembre prossimo in Corea, a Seul.
In questo caso la notizia consiste nella scoperta fatta dalla Cnn che ha preso incredibilmente sul serio la spinosa questione al punto da lanciare un sondaggio tra i suoi utenti: ananas sì o ananas no? I risultati al momento sono a sfavore della nostra tradizione: circa il 60% dei votanti ha infatti dichiarato che la pizza hawaiana è una rara prelibatezza. A sostegno delle ricette innovative ci sono anche le statistiche della Coldiretti, secondo cui i maggiori consumatori sono gli americani con 13 kg a testa l’anno, mentre in Europa primeggiamo ancora noi italiani (7,6 kg l’anno), seguiti da spagnoli, francesi e tedeschi.
Altri presunti “sfregi” alla tradizione sono la pizza alle banane, al curry, alla carne di canguro, di pecora, di renna o di coccodrillo, con cicale e scorpioni, al creme caramel e al marshmallow. Tra le pizze più fantasiose della metropoli londinese citate dal settimanale Time Out si aggiungono quelle alla maionese, allo zampone, alla zucca e alla mucca razza Hereford.
Agghiacciante? Io la penso come lo scrittore Charles Caleb Colton: l’imitazione è la più sincera forma di adulazione.