Frutta e verdura fanno parte dei prodotti radical chic?
Prima non era così ma ultimamente le cose sono cambiate. Negli ultimi 15 anni sono crollati i consumi di frutta e verdura: ogni persona ne acquista circa 20 kg in meno all’anno nonostante sia convinta di acquistarne di più. In ripresa il consumo di frutta, legumi e ortaggi nel 2016 con un consumo annuo di circa 135 kg, nel 2014 erano circa 130kg.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità stima che in più della metà dei Paesi europei il consumo ortofrutticolo sia inferiore a 400 grammi al giorno, mentre in un terzo sia persino inferiore a 300 grammi. La crisi ha cambiato il quotidiano di tante famiglie: i pasti si sono via via destrutturati e le quantità sono state razionalizzate. In aumento la frequenza di atti di spesa (quasi 60 volte l’anno la frutta e circa 44 volte i legumi e gli ortaggi).
Notiamo però l’interessante novità del paniere ISTAT in cui quest’anno fanno il loro ingresso i preparati vegetariani e vegani, accompagnati dalle centrifughe di frutta e verdura al bar. Cambiano le abitudini degli italiani, più propensi a scegliere un tipo di alimentazione priva di carne o comunque a ridotto consumo di derivati animali e sempre più sensibili a questa tematica. Ma tutto questo non si traduce in quell’aumento di consumi che sarebbe lecito attendersi.
Possibile quindi che frutta e verdura, da prodotti di largo consumo, siano diventati alimenti radical chic scelti prevalentemente dai consumatori vegetariani/vegani? Siamo sicuri che il calo dei consumi dei prodotti ortofrutticoli sia dovuto principalmente alla crisi e al forte rincaro dei prezzi? Certo è che frutta, verdura e legumi freschi che garantiscono l’assunzione di elementi fondamentali come vitamine, minerali e fibre che svolgono un’azione protettiva e antiossidante dovrebbero essere una componente costante nella nostra alimentazione.
È un tema che merita una riflessione perché troppo evidente è la contraddizione, ci ritorneremo.